Attenzione a questa nuova ossessione per il cibo sano: è un disturbo pericoloso

Negli ultimi anni, la crescente attenzione verso l’alimentazione sana ha portato molti individui ad adottare regimi dietetici rigidissimi e a manifestare una preoccupazione sempre più intensa per la qualità del cibo. Questa tendenza, apparentemente positiva, nasconde tuttavia una possibile insidia per la salute mentale e fisica: l’ortoressia nervosa, un disturbo del comportamento alimentare che si manifesta come un’ossessione patologica per il consumo di alimenti ritenuti sani o “puri”ortoressia nervosa.

Ortoressia: quando il cibo sano diventa ossessione

L’ortoressia è una condizione ancora poco conosciuta e spesso sottovalutata, che va ben oltre la semplice voglia di mangiare bene. Chi ne soffre dedica quantità enormi di tempo ed energie alla selezione, preparazione e pianificazione dei pasti, arrivando persino a escludere intere categorie di alimenti considerate “non salutari” o “impure”. Questa attenzione ipertrofica rischia di compromettere seriamente la qualità della vita, portando a malnutrizione, restrizione sociale e isolamento – spesso la persona ortoressica accetta di frequentare solo chi condivide la stessa ossessione, rifiutando eventi o ritualità in cui non può controllare totalmente il cibo che viene servito.

A differenza di altri disturbi alimentari come l’anoressia o la bulimia, nell’ortoressia il focus non è sul peso corporeo, ma esclusivamente sulla qualità, sulla purezza e spesso sulla origine degli alimenti. Il desiderio di una dieta “perfetta” nasce a volte da un intento sano, ma quando questo impulso diventa compulsivo, la persona arriva a seguire regole ferree ed autoimposte, indifferente agli effetti sulla salute fisica e sulla vita relazionale.

Le cause e i meccanismi dell’ortoressia

Le radici dell’ortoressia sono molteplici. Tra i fattori che favoriscono l’insorgere del disturbo si individuano:

  • La pressione sociale verso stili di vita salutari e l’estetizzazione del benessere.
  • La proliferazione di regimi dietetici (ad esempio vegano o gluten free) proposti come panacea per la salute, spesso senza basi scientifiche solide.
  • L’uso intensivo dei social media, dove i modelli alimentari estremi vengono valorizzati e imitati.
  • Un’ansia verso la possibilità di malattie o condizioni croniche che inducono una ricerca maniacale del cibo “sicuro”.
  • La presenza di tratti ossessivo-compulsivi della personalità, che facilitano la trasformazione del controllo alimentare in un vero e proprio rituale patologico.

Chi soffre di ortoressia nervosa spesso si percepisce superiore per il proprio stile di vita “puro” e tende a giudicare o criticare chi non condivide le stesse scelte alimentari. Questo aspetto può generare un senso di isolamento e difficoltà nel rapporto con gli altri. L’essere “ortorexici” viene talvolta associato erroneamente a modelli alimentari restrittivi come veganismo e crudismo, ma non tutte le persone che seguono questi regimi sviluppano il disturbo; la differenza è rappresentata dal carattere compulsivo e invasivo che condiziona ogni aspetto della vita quotidiana.

I rischi e le conseguenze sulla salute

Quando il desiderio di alimentarsi bene supera il confine della normalità, le conseguenze possono diventare molto gravi, sia dal punto di vista psicologico sia fisico. Tra i principali danni causati dall’ortoressia si segnalano:

  • Malnutrizione dovuta all’esclusione di intere classi di alimenti necessari al corpo, come carboidrati, grassi o proteine di origine animale.
  • Deficit di vitamine e micronutrienti, che possono portare anche a complicanze mediche serie.
  • Isolamento sociale e compromissione delle relazioni, con ricadute negative sull’umore, sulla work-life balance e persino sulla salute famigliare.
  • Perdita di interesse per attività e piaceri che non siano legati al cibo, con dilatazione abnorme del tempo dedicato alla dieta e ai pasti.
  • Sviluppo di ansia, disagio psicologico e talvolta depressione, per la costante paura di trasgredire le regole alimentari.

In casi estremi, l’ortoressia può condurre a una vera e propria emergenza clinica, tanto da essere stata associata anche a esiti fatali. Il British Dietetic Association, così come altri enti di ricerca, ha lanciato l’allarme sulla crescente diffusione della patologia e sulla difficoltà di individuarla tempestivamente, poiché chi ne soffre spesso mostra un aspetto fisico “normale” fino a che il disturbo non degenera in malnutrizione o altri problemi di salute.

La diagnosi e la cura dell’ortoressia nervosa

Il riconoscimento dell’ortoressia rimane difficile, poiché non esistono criteri diagnostici univoci e il tema non è ancora universalmente inserito nei manuali ufficiali dei disturbi psichiatrici. Spesso il disagio viene confuso con una semplice voglia di mangaire sano o con la scelta consapevole di un’alimentazione vegetariana o vegana; tuttavia, la differenza si trova nella dimensione ossessiva del comportamento e nel suo impatto negativo sulla qualità della vita.

La cura dell’ortoressia richiede un approccio multidisciplinare e può includere:

  • Interventi psicologici e psicoterapici, preferibilmente con il supporto di specialisti nei disturbi alimentari.
  • Educazione nutrizionale mirata a reintegrare i gruppi alimentari esclusi e a promuovere un rapporto più flessibile e sano con il cibo.
  • Sostegno al recupero delle relazioni sociali e della qualità della vita, spesso compromesse dal disturbo.
  • Nei casi più gravi, supervisione medica per correggere gli squilibri nutrizionali e prevenire danni fisici irreversibili.

Fondamentale è sensibilizzare sull’esistenza del disturbo e integrare nei dialoghi sociali e medici il problema dell’ossessione alimentare, per evitare che l’attuale “moda” del cibo salutare si trasformi in un problema di salute pubblica.

In definitiva, cercare un’alimentazione sana è senz’altro auspicabile, ma quando diventa un chiodo fisso o si trasforma in una fonte principale di ansia e disordine, è importante saper raccogliere i segnali e richiedere un supporto professionale. Solo così si può preservare davvero il benessere psicofisico, mantenendo un equilibrio tra attenzione alla salute e libertà di vivere appieno le relazioni e le esperienze quotidiane.

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